La tradizionale cucina romana è basata principalmente su ingredienti di origine contadina, preparati secondo delle ricette tramandate di generazione in generazione.
Pietanze ricavate da un territorio fertile e produttivo e generalmente destinate alle esigenze energetiche degli uomini impegnati nei campi.
Motivi per cui le prelibatezze della cucina locale romana sono particolarmente nutritive, oltre ad essere somministrate in porzioni piuttosto considerevoli.
Una cucina che nel tempo è rimasta tale, che ha mantenuto cioè sapientemente le caratteristiche del passato.
Oggi, come ieri, infatti è ricca di ingredienti genuini e spesso poveri.
La cucina delle classi più povere a Roma è da sempre stata basata sulle farinate e sui ceci, non a caso la famosa “plus” non era altro che una pappa fatta di legumi e cereali.
Dunque una cucina fondamentalmente casareccia fin dalle origini, incentrata sui vecchi sapori di diverse culture, pieni di saporite spezie come la cannella, il pepe, il garofano, e di condimenti tra cui dominano soprattutto il guanciale e lo strutto.
Ad influenzare il menù più antico sono state tutte le tipicità della regione Lazio, un territorio fortemente legato alla tradizione agricola.
Per comprendere il forte legame dei piatti locali con l’agricoltura occorre semplicemente pensare alle legioni romane, che nei loro accampamenti facevano largo uso di fave, lattughe e pecorino, cibi molto semplici e ricette agresti.
Una grossa testimonianza di come con il passare degli anni la cucina romana sia rimasta molto fedele alle antiche tradizioni. Ma ora conosciamo i tre grandi filoni dai quali deriva questa cucina:
– il primo, del quartiere Testaccio, particolarmente caratterizzato dagli scarti di manzo. Una cucina molto povera fatta di pietanze a base di frattaglie, un tempo destinate anche ai “vaccinari” ad integrazione delle loro paghe.
Da queste premesse antiche sono nati dei classici piatti: rigatoni con la pajata, coda alla vaccinara, la trippa e così via.
Piatti molto economici ma allo stesso tempo saporiti e dall’alto valore nutritivo, per questo tradizionalmente graditi da tutti coloro che svolgevano lavori particolarmente faticosi.
– il secondo, romano- guidaico tipico del ghetto, proviene dal mondo ebraico. Infatti, intorno al X secolo, con l’arrivo a Roma di artigiani e mercanti ebrei, la cucina locale subì l’influenza delle tradizioni orientali.
Così fu arricchita di nuovi ingredienti e altri profumi, ai modesti sapori delle frattaglie vennero aggiunti quelli dei fritti, tra cui i fiori di zucchina imbottiti con alici e mozzarella.
– infine il terzo filone, quello della “periferia”, era principalmente legato alle coltivazione dei circostanti castelli. In questo caso, oltre all’utilizzo dell’abbacchio, si faceva largo uso delle verdure come broccoli, fave, cicoria, piselli e lattuga.
Con questi ingredienti sono nati altri tipici piatti: le puntarelle con le alici, la peperonata e l’abbacchio alla scottadito.
L’antica cucina romana con i suoi semplici piatti ancora oggi è tra le più gustose, pietanze nate dalla convinzione popolare che nulla deve essere assolutamente buttato via.
Una volta a Roma, vale davvero la pena fermarsi in una delle storiche trattorie di Trastevere o del Ghetto Ebraico per provare anche solo una di queste prelibatezze legate alle antiche tradizioni romane e rigorosamente cucinate come un tempo.
Un modo per fare un tuffo nel passato attraverso la degustazione della buona cucina locale nelle tipiche trattorie, posti dove si spende poco e si mangia bene.
Qui troverete ambienti spartani, tanto folclore e un fascino rimasto intatto perché, nonostante il tempo passato, le trattorie romane hanno conservato la stessa suggestione anche per merito proprio di quei piatti romaneschi che non passano mai di moda.
Infatti generalmente le altre cucine con gli anni sono state integrate con altri ingredienti, mentre quella romana è rimasta fermamente fedele alla sua tradizione rurale e contadina.
In poche parole, è stata volutamente e gelosamente conservata quel tipo di gastronomia caratterizzata da piatti nutrienti e abbondanti, derivata dalla necessità di riempire adeguatamente lo stomaco del capo famiglia che rientrava a casa molto stanco dopo una giornata di duro lavoro.