Le trattorie romane restano i capisaldi delle serate capitoline. Roma è ricca di quelle trattorie che negli anni hanno mantenuto la tradizione culinaria e qualcuna è ancora a gestione familiare perchè le ricette sono state tramandate di padre in figlio.
L’ex macello del quartiere testaccio è il punto di riferimento di questi locali tipici che fino a tarda notte sono affollati di turisti e dagli stessi residenti.
La cucina non ha subito alcuna variazione rispetto a quella di una volta e si prediligono gli alimenti semplici che hanno contribuito in passato a sfamare decine di famiglie del quartiere.
Alcune di queste trattorie specialmente quelle del Ghetto, si presentano ancora con i muri scrostati e con l’aspetto leggermente desueto ma ciò non è dovuto ad una voluta mancanza di manutenzione ma semplicemente, i gestori preferiscono conservare l’aspetto tipico di un tempo.
Altri locali invece, hanno assunto un aspetto più giovanile e trendy che affascina i giovani ma comunque, la cucina è rimasta quella di un tempo cioè una cucina casereccia, genuina e semplicissima.
Come nascono le trattorie romane.
Le trattorie romane nascono dalla tradizione di chi ha voluto mantenere inalterati aromi e sapori genuini di una volta.
Sono luoghi quasi spettacolari che incantano per la cordialità dei gestori e la simpatia dei camerieri che si prodigano molto per i loro clienti e li servono con fare scherzoso ed amicale.
I localini sono caratteristici, i tavoli vengono apparecchiati rigorosamente con tovaglie di carta su cui alla fine viene scritto il conto, le cantine sono colme di bottiglie di vino locale, l’interno è piacevolmente ricco di poesie di Trilussa incorniciate, di foto di personaggi famosi che si sono seduti a quei tavoli e qualche proprietario ama esporre anche le ricette tipiche del locale come ‘ I rigatoni con la pajata‘ o quelle pietanze in cui si utilizza il cosiddetto ‘Quinto quarto’ ossia quelle parti dei bovini da sempre ritenute poco nobili e troppo umili per i signorotti ma che invece le massaie romane cucinavano abilmente tramutandoli in gustose portate.
Sono veri angoli di folclore! Tutti questi piatti poveri ma gustosi sono il simbolo della tradizione romana, l’inno della capitale.
Una Roma che sembrava sparita e dove si spende davvero poco.
Il piacere di socializzare con gli amici ed anche con gli altri commensali, lo offrono proprio queste osterie di antica memoria come quelle del quartiere Testaccio che deve il suo particolare nome ad una piccola altura formatasi in seguito all’accumulo di parecchi frammenti di coccio delle vecchie anfore.
Il mattatoio oggi utilizzato per gli eventi culturali è il simbolo di quel vecchio quartiere. Fu costruito nel 1890 ed è rimasto attivo fino alla metà degli anni 60.
Una Roma servita su di un piatto d’argento specialmente per chi ama ascoltare la caotica zeppa di dialetti ed assaporare il baccalà fritto, le animelle, la trippa, i carciofi alla giudia, la rinomata amatriciana e la coda alla vaccinara.
E se credete che per gustare tutte queste prelibatezze si debba spendere una cifra astronomica, sbagliate! Tutte le antiche trattorie sono a conduzione famigliare ed il prezzo è modico, contenuto e decisamente ragionevole.
I romani dicono ‘conosco un posticino che è la fine del mondo!’
Tutte le trattorie hanno conservato la tradizione culinaria ed i commensali mangiano in un clima disteso e familiare.
Ce ne sono alcune però che sono davvero molto antiche e sono ancora operative con la vera cucina casereccia romana.
Una fama eccezionale ha il ristorante ‘Da Meo Patacca‘ a Trastevere, locale inaugurato nel 1959 con 4 sale interne a ricordare le vecchie locande ottocentesche con la sola illuminazione di lampade a olio e a gas, la preparazione delle pietanze da parte dei gestori è attenta e meticolosa e riproduce esattamente i pasti simbolo della romanità, si mangia davvero bene tant’è vero che i clienti chiedono la ricetta ma i camerieri con fare divertente rispondono < A ricetta ta fai dà dar dottore>.