Tra tutte le varie e numerose cucine tipiche e tradizionali di cui il nostro paese può a buon diritto vantarsi, la cucina romanesca è certamente tra le più gustose e ricche, sia dal punto di vista del palato, che da quello delle contaminazioni culturali.
Una cucina ricca di storia e di sapori, che miscela sapientemente secoli di storia, mantenendosi una tra le più apprezzate.
La tradizione culinaria romana, infatti, si esprime in diverse cucine, corrispondenti a zone e tradizioni differenti, che colorano e da sempre hanno colorato, la città eterna e le sue campagne.
Il filo rosso che lega tutti questi piatti, e tutte queste mescolanze, è la derivazione popolare, gli ingredienti tipici e locali, la preparazione rustica, oltre che, ovviamente, il gusto.
Ma diamo un’occhiata più da vicino…
C’è, la cucina del Quinto Quarto, che nasce direttamente nel bellissimo quartiere di Testaccio, una volta sede del mattatoio.
Questa peculiarità geografica, ha fatto sì che, negli anni, nascesse una cucina dove gli scarti di macellazione sono diventati principi della tavola, i veri protagonisti.
Le buonissime frattaglie, infatti, originariamente erano ciò che rimaneva della bestia, dopo che i “benestanti” avevano acquistato le parti più pregiate.
Ma che cosa si perdevano, quando dai budellini di vitello, ancora ricchi di chimo, veniva fuori un bel piatto di rigatoni con la pajata…
I tagli più poveri della carne ( tecnicamente parlando, il quinto quarto corrisponde ai due quarti anteriori e ai due posteriori della bestia macellata, ovino o bovino che sia), hanno dato vita a piatti eccezionali che hanno regalato fama e prestigio alla cucina romanesca, diventando delle bandiere del gusto e del sapore nostrani.
Chi, infatti, non conosce ( e apprezza), ad esempio, la coda alla vaccinara, dove l’umilissima coda del bovino viene sapientemente stufata e condita con verdure varie.
Se ne può apprezzare il brodo, come gustoso primo, o assaporare il famoso secondo, che vanta più di una versione, ognuna storica a suo modo.
Un perfetto esempio della ricchezza e della complessa eterogeneità della cucina tipica romanesca.
Allontanandoci, se pur poco, da trippa, milza, coda e cuore, ci troviamo nei pressi della più raffinata cucina del Ghetto.
Ed eccoci ai fritti. Eh già, perché i rinomatissimi carciofi alla Giudia, scrocchiano in bocca come poche altre pietanze.
Per prepararli si usano le mammole, varietà di carciofo coltivata tra Ladispoli e Civitavecchia.
Famosi già dal sedicesimo secolo, i carciofi alla Giudia non hanno bisogno di particolari presentazioni.
Gustosissimo e dal sapore altrettanto ricco è il tortino di alici e indivia.
Il pesce si affaccia così, anche lui, alla lista degli ingredienti genuini di questa cucina.
Insieme al baccalà, le alici sono i pesci tipici dei piatti romaneschi. Le troviamo a insaporire i fiori di zucchina, con mozzarella e odori.
E ancora, I filetti di baccalà accompagnato dai ceci, sono una prelibata consuetudine. Dal ghetto, un altro regalo per il palato e la pancia, è la torta alla ricotta.
Di nuovo, protagonisti, il formaggio molle prodotto in zona (appunto, la ricotta) e l’essenzialità del piatto.
Addentrandoci più nelle campagne, infine, ci troviamo ad assaggiare la prelibatissima cucina “castellana” (ovvero dei Castelli).
I primi piatti qua la fanno da padrone, e poco si può aggiungere alla fama di fettuccine e bucatini all’amatriciana, col guanciale, il pomodoro fresco e l’olio locale. E che dire dell’abbacchio, ovvero l’agnello da latte, rosolato alla romana, o le sue costolette preparate a scottadito.
Piatti della festa che ancora oggi onorano le nostre tavole. Insomma, con l’acquolina in bocca, non rimane che augurarsi buon appetito!