Roma, capitale anche del cibo

Roma, capitale anche del cibo

L’Italia è un paese che, nel corso dei secoli, ha subito (o approfittato) delle influenze culturali dei popoli con i quali i nativi italiani entravano in contatto.

O perché conquistati o perché conquistatori. Anche se relegata spesso in secondo piano rispetto ad altri tipi di culture, la cultura gastronomica è parte integrante e fondamentale di questi scambi, perché l’alimentazione è in grado di modificare profondamente lo stile di vita dei popoli.

Al centro del mediterraneo, l’Italia è stata un passaggio quasi obbligato di tante razze diverse, con usi e abitudini alimentari svariatissime.

Grazie a questo, e anche grazie alla fantasia dei popoli che hanno abitato la penisola italica, si è venuta a creare la cucina italiana, ritenuta universalmente una delle migliori cucine esistenti al mondo.

Questo sia per la varietà che per la qualità e l’ingegno presenti negli abbinamenti e nelle lavorazioni delle materie prime.

Per quanto riguarda la varietà, possiamo certamente affermare che quasi in ogni paese della penisola è presente una specialità gastronomica caratteristica del paese stesso, diversa magari da quella del paese posto a soli 10 chilometri di distanza.

Prendiamo ad esempio il semplice pane, mentre di là dalle alpi, in un’altra eccellenza della cucina mondiale qual è quella francese, abbiamo praticamente un solo tipo di pane, la baguette, stime approssimate per difetto contano in Italia più di 300 tipologie diverse di pane.

Un’altra base di partenza per una varietà infinita di piatti riguarda il tipo di cibo che più caratterizza la cucina italiana: la pasta.

Se consideriamo i vari tipi di pasta presenti sul territorio, sia quella secca, che fresca, sotto forma di tagliatelle, gnocchi, sfoglie e altro, ed i possibili condimenti, arriviamo a numeri che sono impossibili da riscontrare nell’offerta gastronomica di altri paesi.

Nella cucina italiana sono presenti preparazioni talvolta derivate da quelle che erano servite alle ricche corti nobiliari.

In altri casi le ricette sono originate dalla povertà e dalla carenza di cibo che per secoli ha attanagliato le parti più povere della popolazione: le massaie italiane, con ingegno e fantasia, sono riuscite ad ottenere piatti gustosi e nutrienti, apprezzatissimi anche oggi, utilizzando ingredienti estremamente poveri.

Le caratteristiche peculiari della cucina italiana le ritroviamo in modo molto evidente nella cucina tradizionale romana, che può essere considerata quindi in un certo senso capitale italiana anche per quanto riguarda il cibo.

Anche qui abbiamo una cucina che è il risultato delle tradizioni appartenenti alle popolazioni che si sono incontrate in questo centro nevralgico del mediterraneo, e che hanno dato vita ad una cucina gustosa, saporita, robusta, essenzialmente di tipo popolare e casareccio, nella migliore accezione del termine.

Nonostante a Roma ci sia stata sicuramente nel corso dei secoli una cucina per i nobili e i ricchi, la parte più nota della cucina romana è quella popolare.

In particolare, riguardo a quanto si diceva a proposito della povertà degli ingredienti, è interessante notare quanto sia importante nei piatti tradizionali romani il cosiddetto quinto quarto degli animali.

Per quinto quarto s’intende quello che rimane del vitello, del manzo o della pecora una volta che sono state tolte le parti più pregiate, come i due quarti anteriori e i due quarti posteriori.

Nel quinto quarto ritroviamo la coda, le interiora, il cervello e la lingua.

Una ricetta tra le più famose che impiega la parte considerata più pregiata del quinto quarto è la coda alla vaccinara.

Il segreto di questa ricetta sta sia nel tempo di cottura, molto elevato, che nella salsa che si prepara alla fine, particolarmente sorprendente anche per gli ingredienti, che parrebbero quelli di un ardito piatto contemporaneo di nouvelle cuisine.

Naturalmente, le porzioni della cucina casareccia romana sono ben più abbondanti di quelle caratteristiche della nouvelle cuisine!

Per fare la coda alla vaccinara per 4 persone occorre circa 1 kg di coda di bue tagliata a pezzi (rocchi) puliti.

Si fa soffriggere 100 g di lardo (o guanciale) in olio extravergine di oliva, quindi si fanno rosolare i pezzi di coda.

Si aggiunge un trito di carota, aglio, prezzemolo, sedano e cipolle, qualche chiodo di garofano e si continua la rosolatura.

Si sfuma con 2 bicchieri di vino bianco secco, si chiude la pentola con il coperchio e si continua la cottura a fuoco basso per 20 minuti.

Quindi si aggiunge 1 kg di pomodori pelati, si mescola e si continua la cottura, a fuoco molto basso e pentola coperta, per circa 3 ore.

Alla fine la carne dovrà staccarsi facilmente dall’osso.

Nella pentola con la coda e il gustoso sugo si metteranno due coste di sedano sbollentato e tagliato a pezzetti, 30 g di uvetta ammollata e strizzata e 20 g di pinoli.

In un mestolo di sugo si scioglieranno 2 grammi di cacao amaro in polvere e si rimetterà il tutto nella pentola.

Si mescola e si fa cuocere per un altro quarto d’ora prima di portare in tavola.

Questo piatto si chiama alla vaccinara perché i vaccinari, che erano i lavoratori del mattatoio, potevano essere pagati con la coda degli animali.

Un altro famoso piatto sono i rigatoni con la pajata.

La pajata è l’intestino del vitello o dell’agnello, anche questa una parte di scarto degli animali macellati che era data ai lavoratori del mattatoio.

La trippa alla romana e la coratella di abbacchio con i carciofi sono altre due realizzazioni culinarie tipicamente romane che utilizzano ingredienti principali appartenenti al quinto quarto.

Un capitolo a parte meritano i piatti derivanti dalle tradizioni ebraiche, questo anche perché la comunità ebraica è dai tempi degli antichi romani che è presente, numerosa, nella Città Eterna.

Celeberrimi sono i carciofi alla romana, croccanti fiori ottenuti con una semplice ma geniale procedura per la cottura di queste verdure, e i carciofi alla giudia.

Questi piatti erano tradizionalmente cucinati dopo la ricorrenza dello Yom Kippur, durante la quale è proibito mangiare.

Anche il brodo di pesce alla romana e gli aliciotti con l’indivia sono piatti da ascrivere alla tradizione ebraica romana.

Sebbene non originari della città di Roma ma tipicamente laziali e famosi in tutto il mondo sono gli spaghetti alla carbonara e quelli all’amatriciana.

Si ritiene che i primi siano stati inventati dai carbonai, che erano coloro che trasformavano la legna in carbone.

L’ amatriciana è invece un condimento a base di guanciale, pomodoro e pecorino originario di Amatrice, una cittadina a circa 100 km in linea d’aria da Roma.

A Papa Pacelli si ritengono risalenti le fettuccine alla papalina, un primo piatto con condimento simile a quello della carbonara ma dal sapore più delicato.

Concludo la selezione di piatti capitolini con gli ottimi e giustamente famosi saltimbocca alla romana, veloce e semplice preparazione che utilizza fettine di vitello, prosciutto crudo e salvia.

Ma, se si volesse gustare la vera cucina casareccia e orgogliosamente popolare romana, esistono ancora trattorie che la rappresentano nel migliore dei modi?

Be’, tutto sommato direi che è ancora possibile, oltretutto spendendo meno che non nei ristoranti più paludati.

Una di queste può essere Il Ristorante Da Meo Patacca, situato a Trastevere, qui con 20 euro, si possono gustare le specialità romane cucinate con gli ingredienti disponibili giornalmente al mercato.

Stesso discorso per la Trattoria Zampagna, che si trova in zona Ostiense, dove opera dal 1924.

Se volete gustare le specialità della cucina ebraica (o kosher) gli indirizzi possono essere la Taverna del Ghetto o la caratteristica Sora Margherita, entrambe nella zona del ghetto romano, situato a nord dell’Isola Tiberina.