Esistono molti punti e luoghi straordinari della Sardegna che sono ancora poco conosciuti, ma che sono dotati di una bellezza eccezionale.
Anzi, molti sono unici in tutto il mondo.
Uno di questi è la Grotta di San Giovanni, la grotta più grande al mondo che si può attraversare su strada.
Si trova nella regione del Sulcis Iglesiente, all’interno del comune di Domusnovas.
Il suo nome deriva dal fatto che all’interno della grotta vi era una cavità usata anticamente come cappella rupestre dedicata proprio al culto di San Giovanni.
Completamente illuminata, si estende per ben 850 metri di lunghezza e si è formata perché parte della roccia calcarea del Monte Acqua ha ceduto per fenomeni carsici.
È una delle grotte più lunghe in tutta Europa e si caratterizza per il suo andamento sinuoso e per il fatto che al suo interno, per tutta la sua estensione, vi è una strada carrozzabile asfaltata: ciò rende la grotta di San Giovanni unica non solo in Italia.
Esistono solo altri due casi simili, uno in Australia e l’altro in Francia.
Tuttavia, per preservare l’integrità della grotta, la strada asfaltata è stata chiusa al traffico automobilistico, così oggi si può percorrere soltanto a piedi.
Si tratta di un’escursione che vale veramente la pena fare perché si tratta di un luogo veramente splendido e magico.
Per raggiungere la grotta di San Giovanni si deve prendere la strada provinciale in direzione nord dal paese di Domusnovas, costeggiando il rio San Giovanni: la strada asfaltata raggiunge poi il monte Acqua e Punta San Michele che sovrastano la grotta rispettivamente a est e a ovest.
Infine, dopo aver superato un vecchio mulino, si arriva all’ingresso sud della grotta, che si apre all’improvviso davanti al visitatore.
L’ingresso nord, invece, si raggiunge tramite la nuova strada provinciale di circonvallazione: si deve prendere lo svincolo per Domusnovas/Musei e successivamente la direzione per Marganai.
Da qui si raggiunge un bosco di lecci e poi l’ingresso nord.
Monumento naturale nazionale dal 1999 e sottoposta a vincolo per decisione della Regione Autonoma Sardegna, la grotta di San Giovanni è composta da tre rami: quello principale è attraversato dalla strada asfaltata e termina nella valle di Oridda con un secondo ingresso, il cosiddetto ingresso sud.
È attraversato per tutta la sua lunghezza dal rio alimentato dalle acque provenienti dalle vallate a monte.
È formato da una serie di ampie sale con stalattiti e stalagmiti e di concrezioni a vaschetta di grandi dimensioni: quella più grande è accanto all’ingresso nord.
Gli altri due rami sono però accessibili soltanto agli speleologi esperti e sono il ramo superiore e il ramo attivo: il primo è chiamato anche ramo fossile o Ramo Bobore, mentre il secondo è soprannominato in dialetto Su stampu de Pireddu.
È formato da gallerie e cunicoli che si susseguono per circa 2 chilometri, intervallati da sifoni e laghi sotterranei.
Ancora oggi il ramo attivo non è stato ancora esplorato completamente ed è oggetto di studio.
La grotta è meta di arrampicatori sportivi che arrivano da tutte le parti d’Europa (e a volte anche da tutto il mondo) per mettersi alla prova sulle pareti rocciose del sito: si tratta di un luogo spettacolare che risulta tra i più amati dai climbers.
Le pareti rocciose sono usate in tutti i periodi dell’anno come palestre a cielo aperto dagli arrampicatori sportivi e sono state classificate tra gli itinerari più difficili al mondo: infatti nel 2009 hanno ottenuto la gradazione 9a+/9b, fatto che le ha inserite all’interno delle vie d’arrampicata più difficili.
La grotta di San Giovanni è anche molto interessante dal punto di vista storico e culturale: accanto ai due ingressi vi sono i resti di mura preistoriche ciclopiche, forse di un’antica fortezza che chiudeva entrambi gli ingressi.
Ciò si spiega con il fatto che la grotta era usata nell’antichità come rifugio.
Queste mura erano ben conservate fino all’Ottocento quando il conte Beltrami fece costruire la strada carreggiabile per rendere più semplice il trasporto dalla miniera di Sa Duchessa dei materiali estratti.
Ciò comportò anche la distruzione dell’antica cappella di San Giovanni, ricostruita vicino all’ingresso sud.
All’interno del ramo principale sono stati rinvenuti numerosi reperti, soprattutto cocci di vasellame.